Per la rubrica “Meet the DPO” oggi abbiamo il piacere di condividere con voi l’intervista all’Avv. Vittorio Colomba, partner fondatore dello studio legale ESSE-CI AVVOCATI e Responsabile della Protezione dei Dati dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
Com’è il lavoro di un DPO esterno che ha una pluralità di “titolari da mettere in riga”?
«Il segreto per riuscire a gestire bene i titolari del trattamento è non averne troppi, altrimenti si finirebbe per non essere efficienti! Questo si connette a uno dei requisiti imprescindibili del DPO: la facile reperibilità e, per garantirla in modo effettivo, si deve avere un numero ristretto di soggetti da seguire.
Si tratta inoltre di un ruolo particolare per le attenzioni che richiede.
A mio parere una delle sfide più importanti con cui il DPO si trova a confrontarsi è riuscire ad entrare nei meccanismi dei titolari del trattamento e comprendere nel dettaglio gli ingranaggi operativi delle loro realtà. Per questo risulta fondamentale – quando si ricopre questo ruolo – avere una visione ampia e una capacità di ragionare fuori dagli schemi».
Pensa sia cambiato il modo di approcciarsi alla privacy negli ultimi anni? Ritiene che la tematica sia affrontata correttamente dai media?
«Sicuramente sono stati molti i cambiamenti che hanno riguardato il modo di approcciarsi alla privacy. Tuttavia, è indubbio che negli ultimi anni ha giocato un ruolo rilevante la sempre maggiore e crescente attenzione per queste tematiche sia da parte delle aziende e, in generale, dei titolari del trattamento, sia a livello mediatico. L’attenzione mediatica, a mio avviso, spesso favorisce un certo fraintendimento su quali siano le esigenze connesse alla protezione dei dati personali. Si tratta infatti di un’attenzione diffusa ma fondata su una conoscenza approssimativa con scarsa consapevolezza e cultura. Tale approccio finisce per essere controproducente e creare un ostacolo alla tutela dei dati personali che non viene compresa e conosciuta nella sua essenza».
Che consiglio darebbe a un giovane che vuole approcciarsi a questa materia?
«Non limitarsi alla materia. Restringere il proprio perimetro alle sole tematiche di protezione dei dati personali non è sufficiente, il ruolo del DPO richiede fin troppe competenze. Infatti, io credo che il futuro del DPO sarà in team con competenze diverse e complementari quali, ad esempio, quelle aziendali e informatiche. Ciò premesso, un’approfondita cultura giuridica risulta indispensabile ed è fondamentale che vada oltre la conoscenza della legge in materia privacy».
Quando sveste i panni dell’avvocato / DPO, cosa le piace fare nel tuo tempo libero?
«Sicuramente fare il papà ed occuparmi dei miei due figli».
Cosa pensa che possano fare i singoli per proteggere la propria privacy? Tu cosa fai?
«È indispensabile conoscere i rischi connessi al trattamento dei dati personali. Nella mia esperienza ho potuto constatare che moltissimi problemi sono generati dalla sottovalutazione dei rischi e dell’importanza della protezione.
Nel mio piccolo, io cerco di capire da dove possono provenire i rischi e successivamente provo ad individuare quali possono essere le contro-misure da adottare per evitarli. Credo che nel proprio piccolo ogni individuo potrebbe contribuire a proteggere efficacemente la propria privacy eseguendo delle micro-valutazioni di impatto. Chiedendosi, quindi, in relazione ad ogni attività: quanto sono esposti i suoi dati, di che dati si tratta, quanto è opportuno rischiare e come quali sarebbero le misure opportune per tutelare quei dati in quel contesto».
Una domanda di attualità: vaccini e privacy, cosa ne pensa?
«Si tratta di una domanda che richiede una risposta articolata e di ampio respiro. Mi sono trovato ultimamente a scrivere sul tema e per riassumere il mio parere in modo conciso: ritengo che le normative sulla privacy non siano un ostacolo insormontabile alla creazione di passaporti vaccinali. Si tratta piuttosto di scelte politiche. Gli strumenti normativi esistenti non costituiscono un ostacolo di principio alla creazione di passaporti vaccinali o documenti ad essi equiparabili».
[L’intervista è stata realizzata dalla redazione dell’associazione DPO Innovation]